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PROGETTO IDA - prima edizione

 

Cosa c’è che non va in canile?

 

Tanti problemi nascono da un’inadeguatezza funzionale e strutturale del modello canile così come oggi si presenta rispetto alle esigenze che la società manifesta, anche in relazione alle mutate coordinate culturali di integrazione del cane nella società. La possibilità di integrazione del cane è legata alle caratteristiche comportamentali del soggetto, il vero fulcro intorno a cui si costruisce l’integrazione del soggetto è  rappresentato da variabili comportamentali, dalla gestione ordinaria nell’ambito domestico alla conduzione in luoghi pubblici, dalle situazioni di convivenza ordinaria ai problemi di socializzazione, dalla semplice educazione fino alle più complesse patologie comportamentali.

L’errore più frequente sta nel ritenere i cani in canile come soggetti senza problemi che semplicemente aspettano una persona di buona volontà che li accolga, considerando la struttura come una sorta di pensione dove i cani parcheggiati rimangono in uno stato di quiescenza: il canile peggiora i cani, la permanenza determina una sorta di adattamento alla struttura. Quanto più il cane è adattato al canile quanto meno è adattabile alle situazioni adottive. È importante avere piena consapevolezza che quasi sempre i cani abbandonati, hanno alle loro spalle storie di maltrattamento o di relazioni alterate con proprietari tutt’altro che modelli di relazione uomo-animale e portano sul loro profilo biografico il peso di questa esperienza. Spesso l’abbandono deriva dalla presenza di particolari problemi comportamentali che naturalmente sono ancora irrisolti nel momento stesso in cui si da avvio all’adozione. La permanenza in struttura peggiora lo stato dei cani perché altera in modo profondo il profilo comportamentale del cane in senso peggiorativo, aumentando territorialità, irritabilità, comportamenti sostitutivi, eccitabilità e aggressività. Le interazioni sociali che i cani hanno all’interno del canile, con l’uomo e con altri cani, sono quasi sempre problematiche e tendono a compromettere ulteriormente il loro profilo interattivo.

I cani del canile devono pertanto essere monitorati e preparati all’adozione e non semplicemente affidati alla persona che se li porta a casa convinta che tutto andrà nel migliore dei modi. Senza questa preparazione ogni adozione si risolve in un azzardo. Occorre pertanto strutturare dei percorsi rieducativi, studiando e pianificando tutte le filiere interattive del cane, al fine di valorizzarne le doti ed evitarne il peggioramento. Lavorare per l’adottabilità è un aspetto primario e non un problema secondario; se il canile non lavora per l’adozione dei cani perde totalmente del suo significato più alto. 

 

Cos’è l’IDA

 

E’ uno strumento di valutazione riferito a soggetti ospiti della struttura d’accoglienza (Canile), un metodo di valutazione dell’adottabilità; rappresenta un valore indicativo del livello di appetibilità che ogni cane possiede per sue specifiche caratteristice, aiuta a monitorare lo stato del soggetto e i suoi cambiamenti. La valutazione si riferisce a parametri non modificabili (età, sesso, taglia, tipo di mantello, razza, storia clinica, motivazioni addotte all’abbandono) e modificabili (aspetto generale, stato di salute, caratteristiche comportamentali). I parametri non modificabili o fissi, incidono sul’IDA senza possibilità di essere migliorati, tra questi fanno eccezione, anche se parzialmente, il sesso, le cui caratteristiche possono essere minimizzate attraverso interventi di sterilizzazione/castrazione e il mantello che può essere controllato da interventi di toelettatura. Ad esempio un cane anziano, maschio, media/grossa taglia, di colore scuro e mantello lungo, di tipo molossoide o lupoide e in condizioni generali di salute o comportamentali non eccellenti, acquisisce immediatamente un bassissimo IDA, ovvero minima possibilità di essere adottato. I parametri modificabili, al contrario, sono quelli sui quali è possibile e opportuno programmare processi di valorizzazione e miglioramento, perché modificabili e quindi in grado di aumentare l’IDA. Cosa favorisce l’appetibilità di un cane presso un canile? Innanzitutto la giovane età, dai più percepita come una facilitazione per l’instaurarsi di una buona relazione, per operare sull’educazione, per favorire il legame alla famiglia, ecc.

In secondo luogo, la piccola taglia e il mantello a pelo corto-chiaro rientrano nelle caratteristiche più frequentemente predilette. Forse la percezione di una facilitazione dell’inserimento di un piccolo cane in casa, nel contesto sociale e/o di una maggiore praticità di gestione igienica dell’animale o per un’idea stereotipata che fa di questo un cane più mite, docile, educato, ancor più quando si tratti di una femmina piuttosto che di un maschio. Altre caratteristice che innalzano l’IDA di un cane, sono rappresentate dalla razza o dalla tipologia di razza che vede come top i terrier, i toy o i cani da caccia, seguiti da cani simil-Labrador/Golden e come minus i cani di tipologia molossoide o lupoide. Infine, un buono stato di salute e un bell’aspetto rappresentano sicuramente caratteri che rendono molto accattivante un soggetto da adottare, ancor più se ben educato nell’approccio alle persone.

Dunque l’IDA ha la funzione di inquadrare con immediatezza alcune caratteristiche di ogni cane per delineare quanto possa essere appetibile.

L’attribuzione di semplici categorie, fondate su questi (e altri) parametri, permette di promuovere con criterio l’adozione dei cani con un alto IDA e programmare un lavoro mirato, rispetto alle caratteristiche modificabili e carenti, per aumentare l’IDA anche nei cani meno attraenti.

Con questo metodo è possibile suddividere i cani in gruppi omogenei, identificandoli rispetto alla probabilità di essere apprezzati, inserirli in corsi di educazione o rieducazione adeguati alle caratteristiche singole, prepararli all’adozione e favorire l’incontro con i giusti proprietari.

Uno studio evidenzia che la maggior parte dei problemi di comportamento presenti nella fase di osservazione dei cani in canile veniva confermata dai neo proprietari come problema manifestato anche dopo l’adozione. Da ciò possiamo dedurre che i cani di canile, se non vengono coinvolti in attenti percorsi formativi per la vita famigliare, pur venendo trasferiti in ambienti stimolanti, ricchi, affettivamente stabili, non riescono a superare i problemi per cui sono giunti in canile o che in tale contesto hanno sviluppato. Lo stesso studio mostra, inoltre, che la valutazione dei cani effettuata tramite test possiede un alto indice di anticipazione dei problemi che i soggetti potrebbero presentare nel post-adozione.

Per queste ragioni l’IDA può costituire un buon metodo di lavoro immediato, da applicare su ogni cane attraverso una valutazione che può partire dal momento dell’incontro con quel soggetto per concludersi nel momento in cui sarà ceduto. (tratto da: Maria Chiara Catalani, valutazione dei cani, categorie di attribuzione e protocolli di testaggio.)

 

In base alle diverse caratteristiche dell’individuo, distinguiamo tre livelli di adottabilità: immediata, difficile con riserve.

  • Immediata: rientrano direttamente in questo livello i cani con un alto IDA avendo sia caratteristiche mediamente considerate positive per l’adozione sia per assenza di problematiche particolari (attualmente non più del 10% degli ospiti)

  • Difficile: rientrano soggetti con basso IDA legato a molti dei parametri non modificabili così come quelli con gravi problemi comportamentali o malattie. L’aspetto comportamentale influisce notevolmente sulla possibilità di cedere un cane e quando la diagnosi comportamentale, e relativa prognosi, si presentano particolarmente gravi, l’investimento di risorse umane ed economiche in vista dell’adozione diviene uno spreco, visto le risorse limitate di cui dispone il canile. Per questi animali sarà importante, definire chiaramente le giuste condizioni di vita nella struttura e le precauzioni di gestione (circa il 10% degli ospiti presenti).

  • Con riserva: tutti quei soggetti che rientrano in un IDA medio basso determinato da fattori modificabili sui quali è necessario lavorare. La maggior parte dei cani del canile (80%) sarà adottabile con riserva, cioè solo successivamente a una riabilitazione. Su di essi si investirà buona parte del lavoro educativo, sanitario, di valorizzazione.

 

 

La Figura dell’educatore cinofilo professionista (mediatore nella relazione educativa)

 

La visione antropocentrica, il mancato riconoscimento dell’animale in quanto soggetto, scarso impegno e conoscenza, sono solo alcuni dei limiti che l’uomo pone alla relazione. Spesso, scelte affrettate e superficiali innescano dei conflitti impossibili da risolvere. Per molti, ancora, la relazione con il cane si basa sul fornire del cibo, un riparo e la possibilità di riprodursi. A tal proposito l’osservatorio canile risulta uno strumento utile per lo studio della relazione cane-uomo; la maggior parte dei dati raccolti, dimostrano come l’interazione con l’uomo, possa modificare il comportamento del cane fino a compromettere la qualità della relazione; una relazione non più adeguata, genera conflitti che ancora troppo spesso evolvono in incidenti e abbandoni (cani in canile).

Per relazionarsi correttamente con il cane è doveroso conoscerlo e riconoscerlo come soggetto di dialogo e non è possibile aprirsi al dialogo in assenza di consapevolezza. Se questa non esiste occorre trasmettere al proprietario le informazioni necessarie per poter vivere il rapporto nella giusta prospettiva. 

Il comportamento del cane è radicato nella biologia e nella psicologia cognitiva, per questo occorre avere una comprensione profonda. “Un cane non è per tutti”.

Il cane è prima di tutto un essere biologico. Ogni individuo cane rappresenta un prodotto finito di un’intera serie di eventi biologici importanti.

Non una sottospecie di lupo, anche se imparentato, ma un individuo nuovo, evoluto, altamente specializzato. Un affascinante puzzle genetico dalle infinite variabili; una sinergia tra la genetica e la cultura. È un individuo dalla socialità obbligata, con delle complesse funzioni cognitive, al quale vanno riconosciute soggettività, diversità e singolarità, che si relaziona al mondo attraverso un proprio sistema emozionale e motivazionale. È dotato di vita interiore e coscienza, caratterizzate dell’intenzionalità. Non riconoscendo queste caratteristiche e non attribuendo il giusto valore all’animale, inevitabilmente assisteremo alla nascita di conflitti.

Decidere di convivere con un cane, che sia da utilità o da compagnia, richiede un tale impegno che, a mio avviso, l’intervento normativo-istituzionale dovrebbe considerarlo seriamente, indicando e regolando le modalità di “adozione” di un cane: un impegno che esige responsabilità non può essere accessibile a tutti, non senza un’adeguata formazione.

Per questo la possibilità di ricorrere ad una figura professionale è basilare. Questa figura è quella dell’educatore cinofilo che avrà il compito di trasmettere al proprietario l’importanza della relazione, partendo dalla conoscenza del cane.  L’intervento educativo deve essere concepito per favorire l’incontro ed accompagnare l’individuo verso una crescita, culturale e personale, che possa suscitare nel soggetto degli “spostamenti di posizione”. Solo allora si potrà dare il via alla costruzione di una corretta relazione.

Quando emergono problematiche dovute ad una falla relazionale, l’educatore dovrà raccogliere, decodificare e rielaborare le informazioni sul conflitto, al fine di intervenire all’interno della struttura relazionale (binomio e sistema) favorendone l’incontro e la crescita; agirà sul cane per agevolarne l’interazione con il mondo e con il proprietario (lo aiuterà a relazionarsi con il mondo esterno e  a ri-acquistare fiducia e sicurezza nei confronti del partner, elementi necessari per il coinvolgimento e la motivazione del cane); e sul proprietario, attraverso un’alleanza terapeutica, per ri-creare l’intesa con il cane, fornendogli un buon livello di consapevolezza (congruità, equilibrio, rispetto della diversità) capacità comunicative (strumenti e tecniche), senso di responsabilità...

La costruzione di una relazione è un lavoro che richiede molto impegno: occorre che si attivi un processo bidirezionale di interazione dialogica tra le parti che favorisca il processo di sviluppo, e che ha come obbiettivi l’autonomia e la realizzazione del binomio. (Maccarrone D., 2013. L’importanza della relazione tra cane e uomo.)

 

PROGETTO: Innalzamento dell’IDA (indice di adottabilità) degli ospiti presenti in Canile

 

  • Programma e attività da realizzare: ad oggi il Canile Regionale della Valle d’Aosta ospita circa 180 cani, questi animali presentano fobie generalizzate, profili di iperattività, problemi di socializzazione primaria o secondaria, irritabilità ecc… al fine di incrementare l’adottabilità degli ospiti presenti in struttura, per favorire un corretto turn over e diminuire il tempo di permanenza del cane in canile, si rende necessario aumentare le capacità psico-fisiche dei singoli soggetti attraverso percorsi educativi e rieducativi mirati di training (educazione base, Buon cittadino a quattro zampe BC4Z) o di terapia comportamentale. Il progetto, che intende per ora coinvolgere 10 soggetti con determinate caratteristiche che li pongono in una situazione di quasi-adottabilità, ha come finalità l’aumento del numero delle adozioni da 100 a 110 circa e la diminuzione dei rientri attualmente pari al 10%; ci si avvarrà del supporto e delle competenze di educatori cinofili professionisti (il Canile VdA attualmente è totalmente impreparato e inadeguato a rispondere a queste esigenze), presso il Centro Cinofilo l’”Arca di Noah ASD” di Fenis. Il programma, indirizzato a n. 10 binomi (volontario-cane), prevede 10 incontri per un totale di 40 ore.

 

Finalità del progetto

 

  • rivalutazione del rapporto uomo/cane

  • tutela del benessere sociale

  • incremento culturale

  • prevenzione: incidenti, abbandoni, patologie comportamentali

  • facilitazione delle “buone” adozioni degli ospiti del Canile

  • incremento del numero di adozioni

  • riduzione dei rientri in canile

 

Educazione di base del Cane

 

  • Controllo delle iniziative (Indurre nel cane calma e autocontrollo; aiuta il proprietario a sviluppare controllo sul proprio cane)

  • Contatto visivo (É un esercizio che crea relazionalità, ci permette di entrare in comunicazione con il cane)

  • Condotta (Esercizio che ci consente di gestire il cane in serenità)

  • Seduto (Aumenta la capacità di calma e autocontrollo)

  • Richiamo (Ricongiungimento sociale, per una gestione serena della relazione)

  • Terra (Serve a mettere il cane in una situazione di calma e auto controllo; come il seduto, é una postura che aumenta la calma)

  • Resta (Ci aiuta a gestire in serenità diverse situazioni/contesti)

 

Descrizione del Test Cani Educati

 

Cani Educati e il Canile

 

  • migliora la qualità della vita dei soggetti ospitati

  • favorisce la preparazione dei volontari in relazione alla valutazione dell’adottabilità dei cani (indici di adottabilità)

  • migliora la conoscenza dei volontari dei singoli soggetti ospitati nella struttura

  • aumenta la sicurezza sul lavoro degli operatori

  • favorisce l’adozione dei soggetti

  • disincentiva i rientri dei soggetti adottati

  • modifica la percezione negativa della comunità nei confronti di canili e rifugi 

 

Il Test Cani Educati è suddiviso in dieci prove


1. INCONTRO CON L’ESTRANEO, SALUTO E MANIPOLAZIONE
2. PASSEGGIATA IN CITTA’: GRUPPO di PERSONE e CANI
3. GESTIONE PER STRADA
4. “ASPETTA”
5. IL BAR
6. EVENTI IMPROVVISI, REAZIONE AL RUMORE
7. IL RICHIAMO con DISTRAZIONE
8. DISCESA DALL’AUTO
9. LA CURA DEL CANE
10. VERIFICA DEL TRAINIG – ABITUDINE ALLA MUSERUOLA

 

 

Il Canile

 

Rappresenta oggi uno dei nodi cruciali del rapporto uomo-animale. Capace di svelare le criticità della relazione con il cane e dell’integrazione sociale del cane, nel contempo è in grado di fornire soluzioni adeguate alla natura del problema. Fino a poco tempo fa il canile è stato affrontato essenzialmente con un approccio sanitario e/o protezionista, passando attraverso una deriva pietistica fin quasi a medicalizzare la relazione con il cane. L’AVAPA si propone, attraverso l’approccio zooantropologico, il superamento di queste filosofie, non per rinnegarle ma per promuovere quella valorizzazione del cane che si rende indispensabile per favorire i processi adottivi. Non più un’idea di mantenimento del cane ma di formazione del cane al fine di favorirne l’integrazione sociale, agendo sulle qualità relazionali degli ospiti e sulla maggiore consapevolezza delle persone.

Cani e Volontari al lavoro - AVAPA Onlus CGR VdA

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