top of page

 

2) LEGISLAZIONE E RECEPIMENTO DELLA STESSA

 

Il Canile/Gattile di Aosta, con l'impostazione sopra descritta, è nato, come la maggior parte dei canili odierni, per dare attuazione alla legge n 281 del 1991, che prevede l'impegno dello Stato nella "promozione della tutela degli animali d'affezione, della condanna degli atti di crudeltà, dei maltrattamenti e del loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente".

L'enunciazione di questo principio ha un significato di impegno morale assunto dallo Stato nei confronti degli animali d'affezione. Ma tale vincolo morale non sembra sia stato effettivamente compreso dagli organismi sanitari preposti e dalle istituzioni regionali e locali, dal momento che quasi ovunque sul territorio nazionale hanno applicato solo, o prevalentemente, quella parte della norma che riguarda l'attuazione pragmatica della stessa.

Ecco allora che gli organismi sanitari hanno ritenuto sufficiente realizzare programmi di identificazione, di istituzione dell'anagrafe canina e di realizzazione dei piani di sterilizzazione. Le amministrazioni ( almeno quelle "responsabili") hanno dato corso alla costruzione o ristrutturazione dei canili, da adibire alla ospitalità dei cani catturati e hanno istituito il servizio di cattura dei cani vaganti nell'ottica del mantenimento a vita dei cani nei canili.

Se tutto funzionasse a dovere non dovrebbero esserci molti cani nei canili. Ma non è così, perchè non viene effettuato un vero e serio controllo affinchè tutti i cani vengano microchippati, come prescritto dalla legge; molti cuccioli vengono fatti nascere da privati e poi abbandonati; molti cani vengono portati in canile perchè costituiscono "un problema" per i proprietari..........

Di fatto i Canili sono stracolmi e le nuove adozioni non diminuiscono il numero degli animali in modo significativo.

A questo proposito in  "Problemi di bioetica in Canile" di Gaspare Petrantoni- cap 14 di "Il Canile come Presidio Zooantropologico" a cura di Roberto Marchesini, viene azzardata una provocazione:

"Quale considerazione deve essere accreditata al cane randagio? Ai cani che vivono nei canili?E' giusto che lo Stato se ne faccia carico utilizzando risorse economiche e umane? Se si, fino a che punto?

Se il cane è per la giurisprudenza corrente una "res mobile", alla pari dell'automobile il cui costo di riparazione supera il valore di mercato, quando il mantenimento dei cani nei canili è troppo oneroso, è giusto mantenerli a vita, piuttosto che disporne la "rottamazione", come si farebbe con l'automobile che non conviene riparare ( e come si faceva in Italia prima della Legge 281 e si fa ancora in alcuni paesi europei)?

Con la "rottamazione" dei cani nei canili le amministrazioni risparmierebbero ingenti somme di denaro! E si risparmierebbe la sofferenza degli animali!

E' giusto allora che si spendano milioni di euro per mantenerli a vita nei canili senza alleviarne la sofferenza, dal momento che la stessa applicazione della legge n281 del 1991, che istituisce i canili, è disattesa nella parte che promuove il benessere degli animali e l'istituzione dell'affido, mentre è applicata solamente nell'attuazione della identificazione, della registrazione anagrafica, della sterilizzazione e nella detenzione dei cani?Milioni di euro spesi( laddove vengono veramente spesi per questo scopo e non in modo improprio o addirittura illegale )  senza alcun beneficio per la causa della prevenzione del randagismo" e, aggiungo io, senza curarsi veramente del benessere degli animali?

 

Da qui derivano anche iniziative, già tentate in passato, di alcuni canili e rifugi che, in nome di un risparmio di denaro pubblico, sponsorizzano le adozioni, supportandole con l'elargizione di somme che variano dai 100 ai 1000 euro, ribaltando così il principio basilare della valorizzazione del cane e incentivando una visione profondamente sbagliata dell'adozione (vedi articolo su "la Valléé"(allegato n.1), in cui rispondo a questo proposito, e, nonostante le solite "interpretazioni" da parte del giornalista di turno, mi dichiaro, a nome dell'Associazione che rappresento, fondamentalmente contraria a soluzioni di questo genere).

Si può dunque facilmente concludere che per anni sono stati considerati come obiettivi primari quelli che la norma indica come strumenti operativi, che dovrebbero essere invece utilizzati per conseguire il pieno successo della norma stessa, rappresentato dalla adozione (assistita dei cani), che dovrebbero essere ospitati temporaneamente nei canili e da una campagna di informazione ed educazione al "possesso" responsabile del cane, per prevenire le cause di abbandono.

 

3) TORNANDO A NOI.......

 

Tornando alla nostra "avventura", ci siamo quindi trovati ad affrontare la gestione quotidiana della struttura, cosa che ci ha inizialmente impegnati a tempo pieno, per rispondere in modo efficace alle incombenze pratiche di cura degli ospiti del canile e del gattile, per far fronte alle emergenze, purtroppo frequenti e alle responsabilità nei confronti della cittadinanza e dei vari assessorati (Sanità, Opere Pubbliche, Agricoltura).

Non è però trascorso molto tempo perchè ci rendessimo conto come l'assolvere a quanto richiesto dalla Convenzione, cioè al "contratto" che l'A.Va.P.A. firma ogni tre anni con la Regione , non fosse assolutamente sufficiente nella prospettiva di rispetto del benessere animale, pur se visto  dai nostri occhi ancora inesperti di animalisti "profani", cioè senza conoscenze di etologia animale.

Risulta chiaro infatti che l'attuazione della parte pratica-strumentale della legge 281 non basta e condanna qualsiasi struttura canile all'insuccesso, anche nel nostro caso fortunato in cui possiamo fruire di concorso alle spese da parte degli enti locali.

Abbiamo pensato che bisognava concentrare le energie su 2 punti fondamentali:

  • cercare di rendere la quotidianità degli ospiti della struttura il più vicino possibile ad una vita degna di questo nome

  • lavorare per trovare la "giusta" adozione per ciascuno di loro

 

Per fortuna lo sparuto gruppo di volontari è diventato col tempo un pò più numeroso ed è stato possibile cominciare ad assicurare a tutti i cani passeggiate abbastanza frequenti, in base ad una programmazione attenta e a un riscontro puntuale delle uscite di ciascuno ( si vedano specchietti allegati n2 e n3 ).

Anche dal punto di vista del cibo e delle cure la situazione è migliorata attraverso iniziative quali la vendita di Calendari con le fotografie di alcuni ospiti del Canile/Gattile, partecipazione a sagre e feste varie con la vendita di gadgets, un appuntamento annuale dedicato agli amanti degli animali nella piazza principale di Aosta (RANDAFESTIVAL)....e tutto ciò che può essere escogitato dalla fervida mente di volontari che hanno bisogno di trovare fondi per medicine specifiche e costose, interventi chirurgici, diagnostici o riabilitativi non di routine e altre mille necessità.

 

Le persone: risorsa e problema

 

Nel tempo però è risultato sempre più evidente che per molti cani sussistevano disagi psicologici, ovviamente aggravati dallo stress della vita in canile e il nostro impegno nel cercare di garantire passeggiate, cibo e cure appropriate e coccole non era sufficiente perchè la qualità della loro vita, all'interno di una situazione di costrizione obbligata, migliorasse veramente.

Inoltre la presenza di operatori ereditati dalla vecchia gestione con contratti a tempo indeterminato, abbastanza efficienti nelle operazioni di pulizia e anche dotati di sensibilità nei confronti degli animali, ma assolutamente incapaci di rapportarsi agli stessi con un atteggiamento calmo e consapevole, ha creato ( e continua a creare ) contrasti frequenti.

 

A ciò si aggiunga che anche noi volontari contribuiamo non poco alle problematiche, poichè:

 

  • i volontari sono pochi in rapporto a quello che si vorrebbe fare e pochissimi frequentano la struttura con costanza. Prevale l'idea che la cooperazione, proprio perchè volontaria, sia subordinata, oltre che agli impegni di lavoro, alla moltitudine di altre attività ricreative, col risultato che a  volte alcuni spariscono, per poi ricomparire dopo settimane o mesi.

  •  alcuni vengono in Canile solo per occuparsi dei "propri" cani. Ne consegue che quasi non accettano il fatto che i "loro" cani vadano in adozione;

  • alcuni frequentano il Canile per superare problemi personali, che il più delle volte hanno come risultato problemi nei rapporti con gli altri volontari

  • alcuni, proprio perchè "volontari", si sentono in diritto di agire di testa propria, propinando cibo extra, non usando la pettorina, lasciandosi trascinare ovunque dal cane etc.

 

Il mondo canile/gattile è veramente complesso e, oltre ai problemi finanziari, sempre pressanti, ai rapporti con gli enti regionali e le forze dell'ordine, con cui collaboriamo ma che spesso dobbiamo sollecitare perchè adempiano a quanto previsto dalla legge, molto tempo viene "sprecato" nel tentativo di dirimere i contrasti tra operatori e volontari, operatori e operatori, volontari e volontari....insomma si finisce col perdere tempo prezioso per gli animali, che sono quelli per cui dovremmo adoperarci prima di tutto.

 

Gli abbandoni

 

Un discorso a parte merita la composita "clientela" del Canile/Gattile. Essendo la struttura aperta al pubblico tutti i giorni dalle 8.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 18.00, l'afflusso degli utenti è continuo e si somma alle richieste telefoniche di aiuto o consiglio, anch'esse molto numerose.

Visto che la casistica è quanto mai varia, mi limiterò qui di seguito a parlare di chi  arriva nella struttura per abbandonare uno o più animali e  le "ragioni" più spesso addotte per questo abbandono:

  • cambio di casa, quindi spazio più ristretto e/o assenza di giardino; giovani e meno giovani che ritornano a casa dai genitori, che non vogliono animali;

  • cambio di lavoro ("non ho più tempo", "vado all'estero e non mi lasciano portare il cane" );

  • problemi familiari: separazione, nascita di un figlio, persona anziana da accudire;

  • problemi economici: il cane ha bisogno di cure che costano

  • problemi di salute (in deciso aumento l'allergia propria o dei figli verso cani, gatti e altri animali da compagnia!!)

  • problemi di vicinato: il cane abbaia, sporca sul balcone, piange se lasciato solo..

  • il cane ha dato segni di aggressività ("adesso ho paura per me e i bambini")

  • il cane non fa il suo lavoro: caccia, guardia, pastore mucche/capre/ pecore (questi vengono facilmente lasciati in giro se non microchippati)

 

NB. Sono in aumento gli abbandoni "per interposta persona": "l'ho preso da uno che voleva farlo fuori, di cui non ricordo il nome, ma non posso tenerlo", "l'ho trovato qualche giorno/mese fa ma non posso tenerlo"...

 

 

Il doverci confrontare quotidianamente con la superficialità e l'incompetenza con cui molte persone affrontano la vita con un compagno a 4 zampe, che li porta a volersene liberare appena si presentano dei "problemi", ci ha indotto a porci delle domande:

  • Perchè l'abbandono è in aumento?

  • Che cosa possiamo fare per invertire questo "circolo vizioso"?

 

Come dice Roberto Marchesini nel Cap 4 di "Il Canile come presidio zooantropologico", " un tempo il cane non viveva in casa, gli appartamenti non erano in condominio, le città comunque presentavano un maggior numero di spazi liberi...oggi vivere con un cane significa condividere necessariamente i propri spazi più intimi, rinunciare alla completa titolarità sulla propria casa ( casa tua diventa anche casa sua), mettere in discussione alcuni aspetti del proprio stile di vita, assumersi degli oneri nella quotidianità, perdere alcune libertà"

Inoltre "è indispensabile riflettere sui vincoli che la società attuale pone all'integrazione del cane negli spazi pubblici"..

Questo ovviamente non vale per i cani "da lavoro", il cui abbandono è collegato al fatto che non servono più o "non sono buoni per" .

 

L'adozione

 

Rendere quindi i potenziali adottanti più consapevoli di queste difficoltà ci è sembrato necessario.

Questa considerazione ci ha indotto a impostare un primo colloquio per capire le aspettative dell'adottante, conoscere la composizione del nucleo familiare, lo stile di vita, l'eventuale presenza di altri animali in casa, in modo da indirizzarlo verso il cane o i cani che si potrebbero meglio coniugare con la sua situazione.  Al potenziale adottante viene poi richiesto un "percorso pre-adozione" che prevede uscite insieme perchè cane e umano possano conoscersi, le prove in casa (soprattutto se vi sono altri animali domestici) e, solo alla fine di questo percorso, la formalizzazione dell'affido.

Approfittiamo di questo percorso anche per sondare le motivazioni che spingono all'adozione e per parlare delle possibili situazioni critiche che potrebbero verificarsi nel futuro.

Naturalmente alcuni non accettano il nostro "iter", che giudicano eccessivamente cauto e se ne vanno a cercare il cane altrove. Purtroppo sappiamo che lo troveranno facilmente....

Tuttavia, speriamo sempre che l'aver almeno tentato di "innescare" una riflessione sul rapporto essere umano-cane possa dare i suoi frutti.

La convinzione che l'unico modo di incidere efficacemente sugli abbandoni sia la prevenzione, in questi ultimi anni ci spinge ad approfondire con chi ci contatta per vari motivi il discorso del rapporto equilibrato essere umano-animale d'affezione e cercare di colloquiare il più possibile a questo riguardo con la popolazione, sia attraverso i media che con interventi nelle scuole. In questa ottica abbiamo cercato di impostare l'idea del Canile come luogo che offre ascolto e consiglio.

 

Per quanto concerne la seconda domanda abbiamo pensato che la nostra idea di lavorare per la "giusta" adozione di ciascuno degli ospiti del Canile/Gattile, dovesse includere, oltre ad una conoscenza il più possibile approfondita del cane/gatto in custodia alla struttura, anche una "preparazione"al suo inserimento in famiglia e ( per il cane) nella comunità, in modo da facilitare la sua vita futura e quella dell'adottante.

 

Saperne di più.....

 

L'idea che ogni cane poteva trovare la "giusta" adozione ha assunto via via connotazioni più chiare. La consapevolezza di essere impreparati ha stimolato in alcuni di noi la necessità di saperne di più. Quindi ci siamo rivolti alla letteratura relativa all'etologia del cane, al suo linguaggio e al suo rapporto con l'essere umano. Alcuni, volendo acquisire una preparazione sia teorica che pratica, hanno scelto di seguire corsi di formazione cinofila.

Tutti abbiamo compreso QUANTO C'E' DA IMPARARE! e questo sta facendo la differenza  con gli ospiti del Canile. Se ci impegnamo a "lavorare" con ciascuno in modo adeguato, le probabilità di adozione aumentano: il cane giusto alla famiglia giusta!

"Se la cittadinanza capisce che nel Canile non trovano dei poveretti da salvare, ma dei compagni di giochi, di vita, di sport (Luca Spennacchio-intervista di Valeria Rossi del 21 febbraio 2012) non si presenteranno solo persone mosse dal desiderio di fare un'opera buona, ma persone consapevoli della loro scelta".

Contiamo di riuscire a veicolare l'idea di canile che Luca Spennacchio auspica nell'intervista citata: "La visione classica, purtroppo è quella del canile come punto di arrivo. Per una serie di motivi, che vanno dai motivi logistici alla mentalità di alcuni operatori, il cane approda al canile e viene considerato "in salvo": mangia, beve, è al coperto, i suoi bisogni vitali sono assicurati. Per qualche volontario quello diventa addirittura il "suo" cane, da cui fatica, dopo qualche tempo a distaccarsi. In qualche caso il potenziale adottante viene visto quasi come un intruso, che vuole portarsi via il "tuo" animale ed è per questo che qualcuno si sente trattato male, si offende e rinuncia.

Secondo me il canile, fin dall'inizio e da tutti, dovrebbe essere visto solo come una zona di passaggio, un posto sicuro, si, ma in cui il cane si trova solo in attesa che venga identificata la sua nuova famiglia. Nel frattempo viene anche preparato ad essere accolto nel modo migliore, a presentarsi nella sua veste migliore, a risultare gradevole e ricco di aspettative positive per chi viene a conoscerlo.

In canile i cani hanno una routine che consiste nel mangiare, essere puliti, uscire ( quando si può, non sempre ) per la sgambata nel recinto o per la passeggiatina al guinzaglio, fine. A volte può capitare che, per esempio, non siano in grado di fare una rampa di scale, solo perchè non ne hanno mai vista una. A quel punto il nuovo proprietario che fa? Se il cane è piccolo, magari lo prende in braccio. se di taglia grande, si mette a tirarlo per farlo salire, il cane si spaventa. Entrano in conflitto. In entrambi i casi il cane può reagire ringhiando, o peggio ancora mordendo: allora puoi star certo che torna indietro. Ma quel cane avrebbe potuto essere felicissimo e rendere felice la sua nuova famiglia se solo avesse imparato a salire qualche scalino!"

 

In questa ottica di preparazione cerchiamo di imparare sempre di più e di sensibilizzare i nuovi aspiranti volontari. Dopo un primo incontro per chiarire gli elementi che caratterizzano il ruolo del volontario all'interno della struttura, per informarsi della disponibilità temporale e delle ragioni che spingono a questo tipo di volontariato, cerchiamo di individuare eventuali competenze in materia di cinofilia e il livello di disponibilità ad imparare da volontari "più esperti" a cui ciascuno dei nuovi viene affidato.

Non è semplice...ma, come scrive Elena Chiara Garoni nel cap.11 di "Il Canile come presidio zooantropologico" intitolato "La formazione dei volontari e degli operatori del canile": "noi crediamo che in nessun altro campo siano tollerate altrettanta ignoranza e supponenza come nel volontariato per gli animali da compagnia...che la mancanza di preparazione sia una delle cause dell'attuale stato in cui versano i canili e i rifugi, anche gestiti da associazioni zoofile....Crediamo che la vera sfida per la tutela degli animali si giochi sulla capacità di costruire una professionalità, una solida formazione e che si abbandoni definitivamente l'idea del pietismo e della approssimazione"

Inoltre è veramente difficilissimo trovare tempo per organizzare, crescere insieme, stare con i cani....

"La struttura di canile media in Italia vive perennemente nell'emergenza: la quantità di piccoli e grandi problemi quotidiani, quali l'arrivo continuo di animali, la sorveglianza sanitaria, l'accoglienza del pubblico, il mantenimento dell'igiene, assorbono completamente le energie di operatori e volontari.

Questo impegno quotidiano non permette nè alla struttura decisionale nè agli operatori di organizzare il lavoro. Questo impedimento non si traduce soltanto nelle crescente difficoltà di lavoro degli operatori, ma impedisce ogni possibilità di crescita della struttura...Un canile può essere una struttura efficiente soltanto se non si ferma ai risultati ottenuti, ma conosce e riconosce gli interventi per porsi all'avanguardia nei diversi settori: igiene e sorveglianza sanitaria, assicurazione del benessere animale, analisi comportamentale dei soggetti, gestione dei casi complessi, preparazione dei cani all'affido, gestione degli affidi, relazione con il pubblico, presenza sul territorio"

 

 

Come ci posizioniamo in questo processo di crescita?

 

Per i primi due punti siamo affiancati da una buona assistenza veterinaria e le cure in canile/gattile e la somministrazione farmaci sono affidate ad alcune operatrici esperte; per l'analisi comportamentale di alcuni soggetti "problematici" e la gestione dei casi complessi possiamo contare sull'aiuto gratuito ( ma piuttosto sporadico) di veterinari comportamentalisti. Riguardo alla relazione con il pubblico e la presenza sul territorio onori e oneri vengono spartiti tra la componente volontaristica e quella dello staff del canile (in particolare il Direttore)

Il resto compete a noi volontari . Essendo ancora veramente pochi, ci siamo organizzati in modo che i volontari "più esperti" si occupino dei casi più difficili ( cani fobici, cani "morsicatori"), alcuni si dedichino ai cuccioli e gli altri si conformino comunque ad una serie condivisa di steps, che comprendono la vestizione della pettorina, uscita dal box in tranquillità,  passeggiata come momento di interazione ( quindi limitato al massimo l'uso del cellulare) tra cane e compagno umano, incontro con persone sconosciute, esperienza su vari tipi di terreno e con vari rumori,  camminata lungo il fiume (proprio sul retro del canile), scale, salita e discesa dall'auto, manipolazione fin dove possibile. Questo vale per la maggior parte dei cani, ma non per tutti ( per es cani molto anziani ).

Siamo purtroppo lontani dal realizzare in modo fluido e puntuale quanto ho finora descritto, ma conoscere e condividere un percorso che ci possa portare a migliorare la situazione degli animali che ci sono affidati è già importante.

Quando i cani ( e i gatti) vanno in adozione definitiva, offriamo agli adottanti la nostra collaborazione per consigli nel caso si verifichino dei problemi e chiediamo loro di tenerci comunque informati sull'"integrazione" del nuovo membro della famiglia e, se lo ritengono opportuno, di venirci a trovare ogni tanto.

Nella struttura regionale confluiscono ogni giorno tante persone tra utenti e volontari e la possibilità di scambiare informazioni è costante. Questo ci permette di "avere il polso" di quanto succede sul territorio e di mantenere una sorta di controllo a distanza sugli affidi. Particolarmente importante è il contributo della popolazione per quanto concerne le segnalazioni di malgoverno/maltrattamento di animali.

Il nostro gruppo di "controllori", che si è ingrandito dopo aver appena concluso un corso di aggiornamento, dovrebbe d'ora in poi essere in grado di effettuare anche controlli post-affido.

 

L'approccio zooantropologico alla questione dei canili

 

Roberto Marchesini, nel capitolo intitolato come sopra, sottolinea che, per migliorare la situazione di un  canile, bisogna "conoscere i problemi e le disfunzionalità, avere ben chiare le coordinate culturali che informano il progetto canile, maturare la consapevolezza circa le aberrazioni che sostengono lo spreco di denari pubblici e la sofferenza dei cani....tali problemi nascono da un'inadeguatezza strutturale e funzionale del modello canile così come oggi si presenta rispetto alle esigenze che la società manifesta, anche in relazione alle mutate coordinate culturali di integrazione del cane nella società. Per esempio non possiamo dimenticare che nelle città contemporanee, dove peraltro vive più dell'80% della popolazione italiana, la possibilità di integrazione del cane è legata alle caratteristiche comportamentali del soggetto. La variabile comportamentale, nelle sue diverse scansioni-dalla gestione ordinaria nell'ambito domestico alla conduzione nei luoghi pubblici, dalle situazioni di convivenza ordinaria ai problemi di socializzazione, dalla semplice educazione fino alle più complesse patologie comportamentali- rappresenta oggi il vero fulcro intorno a cui si costruisce l'integrazione del cane.

Le città odierne: 1) hanno limitazioni di spazio e vincoli tecnologici che rendono difficile un'espressione comportamentale anche solo parziale dell'etogramma del cane; 2) sono caratterizzate da una convivenza assai stretta che inevitabilmente va a rendere recrudescente ogni situazione interattiva tra le persone e gli animali, che spesso diventa il pretesto per esplicitare dissapori pregressi o che non c'entrano nulla con il cane ( quante volte le segnalazioni  che arrivano al nostro canile riguardano più i dissapori tra vicini o condomini che il benessere del cane!); 3) la cultura metropolitana non ha integrato gli animali e li vive come scomode presenze, oggi in particolare manifesta intolleranza rispetto a espressioni del cane che fino a vent'anni fa venivano considerate normali ( per es. l'abbaio ).

...questa società zoointollerante rende estremamente gravosa e sostanzialmente inesprimibile la pet-ownership. In altre parole nel possedere un cane hai tutti gli svantaggi, vale a dire un castello di oneri in più, e nessun vantaggio, ovvero nessuna possibilità di goderti il rapporto.

Invece "sarebbe auspicabile poter usufruire di una struttura civile capace di valorizzare le scelte responsabili, aiutare quelle fatte con un pò di superficialità, dare un sostegno alle situazioni problematiche, punire quelle palesemente in contrasto con i dettati di rispetto del benessere animale."

Per arrivare a questo, aggiunge Marchesini, bisogna che la società riconosca il valore  e il ruolo sociale del cane, cosa che purtroppo non accade.

Per la cultura rurale questo non era necessario, in quanto intrisa della presenza animale. La cultura urbana invece spesso trasforma l'animale in un oggetto, un'icona, una persona, non salvaguardando i caratteri di diversità e soggettività animale e perdendo la possibilità di considerare la relazione con l'animale importante proprio perchè specifica, perchè differente dal rapporto inter-umano.

"Non dobbiamo perdere di vista, scrive Marchesini, il nesso profondo che lega il canile alla società civile, per cui a un canile che non funziona corrisponde una società civile che presenta deficienze integrative e viceversa. Per la zooantropologia la questione canili è un problema sociale e culturale che non si affronta con il pietismo o con la medicalizzazione del rapporto con il cane, nè affidandosi esclusivamente alle norme o all'etica, bensì con la valorizzazione in tutti i prospetti civili del ruolo dell'animale nella società.

...se il cane da rifiuto-problema potrà finalmente essere riconosciuto come portatore di un valore-ruolo sociale, anche il canile verrà visto come luogo da valorizzare e non come territorio di degrado e questa trasformazione favorirà tutte le dinamiche di integrazione tra il canile e la società civile rendendo possibili quelle situazioni di frequentazione e di interfaccia che sole possono assicurare l'indispensabile turn over tra entrate e uscite e il contenimento dei cani ospitati nella struttura

...Il canile non è semplicemente lo specchio della mancanza di consapevolezza morale di alcuni proprietari o la testimonianza della crudeltà umana.....nel canile ci sono i nostri cani, i cani della comunità...E' la società che con le sue dinamiche, le sue regole, le sue tendenze costruisce l'architettura della rinuncia-abbandono......se è vero che la rinuncia-abbandono del cane è indizio di un problema morale del pet-owner, in quel preciso proprietario, è ancor più vero che la smagliatura va al di là della pet-ownership e indica delle direttrici di vessazione sull'integrazione del cane nella società odierna e parimenti una mancanza di ammortizzatori rispetto alle problematicità di convivenza. Per questo se si vuole modificare la situazione ..bisogna agire sui livelli di conoscenza del pet (congruità),di impegno di relazione (consapevolezza), di assunzione di oneri (responsabilità), ma parallelamente è necessario modificare quegli aspetti della società che vanno a compromettere l'integrazione del cane.

E d'altra parte:"Il canile per poter funzionare deve diventare un centro di servizio capace di attrarre la cittadinanza, di promuovere progetti educativi e informativi,di fare cultura sul rapporto uomo-cane, di offrirsi come primo presidio consulenziale nell'ambito della relazione....Il canile attuale, così come pensato e strutturato, non solo non inibisce comportamenti di scarsa moralità e responsabilità ma facilita proprio gli atteggiamenti superficiali e irresponsabili: a) sapere che comunque, nella peggiore delle ipotesi ci sarà qualcuno (gli amorevoli volontari del canile) che si prenderà cura del cane; b) l'asetticità del termine "rinuncia" toglie alla persona persino l'imbarazzo morale dell'"abbandono", c) la possibilità di affibbiare alla società il proprio cane senza dover pagare alcun onere economico; d) la mancanza di politiche di controllo serie e diffuse rispetto all'obbligo di tracciabilità del proprietario; e) l'assenza di presìdi che sappiano promuovere cultura cinofila e dare una prima consulenza alle criticità.

Dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che questo canile favorisce l'abbandono del cane.....è controproducente perchè rafforza gli atteggiamenti che dovrebbe inibire e ostacola lo sviluppo di politiche di integrazione"

 

La nostra esperienza in questi anni ci ha fatto sperimentare quanto tutto ciò sia vero e ci faccia spesso provare una sensazione di impotenza  e di scoraggiamento.

Tuttavia nel nostro ambito possiamo cercare di migliorare la progettualità e lavorare tenendo soprattutto presenti tre macroaree, indicate da Roberto Marchesini, cioè concentrarci sull'attività di valorizzazione dei cani, migliorare il servizio di adozione e sviluppare un servizio di "prevenzione rispetto alle situazioni di problematicità, vale a dire una sorta di consultorio zooantropologico in grado di dare un primo presidio consulenziale a tutti coloro che si trovano in una situazione di difficoltà relazionale con il cane"

 

Salto di qualità

 

Perchè si attui veramente quel salto di qualità a cui miriamo, ossia fare del canile un centro di formazione e cultura cinofila e raggiungere gli obiettivi di cui parla anche Luca Spennacchio:

  • diminuire gli abbandoni

  • migliorare le prassi lavorative nella struttura

  • favorire adozioni consapevoli ( o più consapevoli)

  • annichilire i rientri

 

e perchè il valore del rapporto con l'animale e in particolare del cane venga compreso e apprezzato, bisogna, come lui stesso suggerisce, anche implementare la formazione degli operatori e la presenza di personale professionale specializzato.

Per fare ciò la mancanza di risorse finanziarie non è l'unico problema, in quanto non è certamente facile convincere la maggior parte degli operatori ( e dei volontari ) a mettere in discussione il proprio personale approccio al cane, anche se c'è una notevole differenza tra l'atteggiamento degli operatori di "vecchia generazione" e i nuovi assunti. Ma, come dice Luca Spennacchio nella conclusione del capitolo 8 del testo a cura di R.Marchesini " L'intervento di training in canile": "Sono dell'opinione che il cane abbia un valore sociale molto rilevante e che non debba più essere sottovalutato, soprattutto da coloro che se ne occupano. Se questo è vero, allora nulla deve restare intentato per cambiare le cose, e tendere, anche se poco per volta, ma inesorabilmente, a un miglioramento. E' un dovere di tutti noi, di ogni società civile".

 

Dal Dicembre 2015 la gestione è variata a seguito della riduzione del comparto finanziario destinato alla gestione della struttura e servizi al territorio. 

Ad oggi la struttura continua ad offrire un servizio di assistenza, per lo più consultiva, al territorio. Viene realizzata una convenzione tra il CELVA (Consorzio degli Enti Locali della Valle d'Aosta) e l'Avapa Onlus per offrire assistenza al corpo di polizia locale a seguito di loro intervento su chiamata di cittadini e intervenire in caso di animali incidentati non riconducibili al proprietario.

Il Canile/Gattile si occupa dei suoi ospiti a 4 zampe, della corretta gestione dell'Anagrafe canina e felina, del recupero 24h/24h degli animali d'affezione vaganti o feriti, dei controlli di malgoverno/maltrattamento su tutto il territorio, della sterilizzazione e castrazione dei gatti liberi e del controllo delle colonie feline (al momento circa 600), degli animali di coloro che sono definiti "casi sociali", dello smaltimento dei cadaveri di tutti i cani e gatti anche dei privati, nonchè della diffusione della conoscenza del corretto rapporto essere umano/animale.

La struttura è aperta al pubblico sette giorni su sette per 8 h giornaliere. Per la pulizia e la somministrazione del cibo vi sono operatori stipendiati che l'Associazione gestisce direttamente, insieme ad un direttore responsabile . La Convenzione con la Regione prevede un rimborso spese che copre lo stipendio del personale, il cibo standard, le cure e interventi di base ( tra cui la sterilizzazione di tutte le femmine adulte) per gli ospiti della struttura.

CANILE & GATTILE REGIONALE VALLE D'AOSTA

bottom of page